Matteo Renzi ha dichiarato, in occasione della conferenza stampa di giovedì scorso, che anche la Rai dovrà fare la sua parte nel contenimento dei costi della spending review «con 150 milioni di euro».
Viale Mazzini potrà «vendere Rai Way (la società che gestisce gli impianti di trasmissione radio tv), e potrà riorganizzare (cioè tagliare) le sedi regionali. Ma i 150 milioni dovrà darli», ha spiegato il presidente del Consiglio non eletto.
Secondo Il Sole 24 ore, si parla di un prelievo diretto sugli introiti del canone Rai da parte del Ministero dell’Economia. Ma resta in piedi l’ipotesi, circolata nei giorni scorsi e smentita dal governo, di collegare l’abbonamento Rai ( che non è altro che una tassa sul possesso di un televisore) alla bolletta elettrica come misura per combattere l’evasione. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio ha infatti ammesso che il governo in questi mesi ha discusso sul cambio della forma del canone tv.
Dura la reazione dell’esecutivo dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai: «Il taglio di 150 milioni di euro per la Rai rischia di avere un impatto pesante per l’azienda e l’occupazione anche dell’indotto audiovisivo. Si tratta di un taglio netto lineare, di dubbia legittimità perché lede il principio di indipendenza economica dei Servizi pubblici dai governi, e fuori da qualunque discussione sullo sviluppo e il futuro».
«Si impone un contributo preventivo alla Rai, ma non si mette in atto nessuna azione concreta per la lotta all’evasione, che già costa ai conti della Rai 500 milioni l’anno. Ad aggravare la situazione l’ipotesi di vendita, seppur parziale, di Ray Way. Alienare le torri è una scelta strategica errata. E per di più introdurre questa ipotesi per legge, nei fatti mette la Rai in una posizione di debolezza, costringendola a una svendita. L’ipotesi di una riorganizzazione delle sedi regionali è affermazione vaga: ci opporremo a qualunque progetto che indebolisca la presenza della Rai sul territorio, che anzi andrebbe rafforzata proprio in prospettiva del rinnovo della Concessione del 2016», conclude il sindacato.
Il segretario della Fnsi Franco Siddi non è da meno: «La Rai non è un soprammobile con tanti oggetti inutili di cui potersi disfare facilmente. La decisione del governo di chiamare la Rai ad un sacrificio di 150 milioni per il risanamento dei conti dello Stato dovrà essere allora verificata intelligentemente dall’azienda e dallo stesso esecutivo perché non ci siano scelte meramente tecniche che alla fine abbiano come risultato l’impoverimento della funzione di servizio pubblico».
«Vendere beni immobili delle sedi regionali e fare risparmi in una loro riorganizzazione può essere cosa buona e giusta. Sarà bene, però evitare qualsiasi tentativo di chiusura di presidi, fondamentali per il pluralismo diffuso, oltre che per la coesione civile del Paese attraverso un servizio pubblico di informazione, cultura e rappresentazione della vita sociale e pubblica sottratta a interessi privati. Per quanto riguarda l’autorizzazione a vendere Rai Way, anche qui si tratterà di verificare concretamente come questa ipotesi potrà essere declinata».
«La vendita totale sarebbe un danno per il Paese, non tanto per l’azienda, perché si priverebbe di un asset fondamentale per la libertà di comunicazione come il potere e la gestione delle frequenze e della stessa capacità trasmissiva. Altro sarebbe l’introduzione di nuovi elementi societari e di efficienze gestionali. Occorrerà quindi bene intendersi nello sviluppo di un processo delicato che sarà positivo solo se davvero creerà opportunità di maggiore competitività e qualifica azione della Rai» conclude il segretario della Federazione nazionale della stampa.
Fonti: Il Sole 24 Ore | Articoli21.org
Stupisce da parte del Governo una mancanza di strategia sia nei confronti della RAI che dell’intero sistema della comunicazione. Un piano di sostegno (nessuna elemosina e nessun aiuto di stato ai soliti noti)ma nuove regole e interventi finalizzati a “liberare” risorse. D’altra parte nulla di nuovo. Basta pensare a quanto è stato fatto in Francia e Spagna e a quello che si fa da SEMPRE in Gran Bretagna.
La Rai è forse lo specchio di un Paese che è la terra delle contraddizioni. La tv di stato è ancora un potente strumento in mano ai partiti, è un’azienda pubblica gestita come privata sul mercato (ma internamente è gestita come pubblica e clientelare) per controllare un mercato monopolizzato (o duopolizzato da Rai e Mediaset come dicono alcuni) come quello della tv. Ma rappresenta anche un immenso patrimonio culturale e una parte importanate dell’economia di questa Italia.
Il governo Renzi e la sua maggioranza sta usando e sfrutterà la Rai come tutti i suoi predecessori, lasciandola in quel limbo perfetto per l’uso e il consumo delle forze politiche-partitiche.
E come al solito (come sta accadendo) arriveranno i proclami di privatizzazione, cambio di governance, automonia dalla politica (già tra l’altro annunciate), di lotta all’evasione del canone tv, e come succede sempre non verrà fatto nulla di nulla. Perchè la Rai va bene così com’è… ai partiti.