Scoppia l’ennesimo caso televisivo nel Paese dei Cachi. E come al solito si parla di Mediaset e del suo immarcescibile dominio del mercato tv. Le notizie trapelate in questi giorni del possibile interessamento del Biscione all’acquisto di TI Media, l’asset tv di Telecom Italia in vendita da tanti mesi, ha infatti sollevato un polverone in politica e negli amibienti dei media come non se ne vedevano da anni.
Mediaset infatti presenterà, il prossimo 24 settembre, giorno della chiusura dei termini stabilita dal venditore Telecom e dagli advisor, Mediobanca e Citigroup, una proposta di acquisto non vincolante per l’acquisizione della rete. Mediaset avrebbe un doppio livello d’interesse sul fronte La7; la prima riguarderebbe l’acquisto dell’emittente, la seconda dell’infrastruttura di rete TIMB e delle frequenze tv.
Secondo il Fatto Quotidiano la mossa del Biscione (che pare in verità di disturbo alla concorrenza) avrebbe come obiettivo primario quello di annientare un possibile (ma mai concreto) concorrente: impossessandosi della rete di broadcating di TI Media per poi smembrarla, e chiudendo addirittura la tv generalista di La7 per annullare la concorrenza nella raccolta pubblicitaria (in costante crescita) e per non incorrere nei guai dell’Antitrust. Mediaset potrebbe poi utilizzare gli asset infrastrutturali e le frequenze. A quanto si sostiene sempre a Cologno Monzese, infatti, nessuno vuole “diventare il nuovo proprietario de La7”, anche perché questo farebbe incappare immediatamente nei vincoli antitrust.
Il disegno strategico è diverso. Mediaset, attraverso i suoi “cavalli di Troia”, vorrebbe partecipare all’asta per ottenere da Telecom la possibilità di “guardare dentro” il gruppo Telecom Italia Group. Una volta acquisite le informazioni sull’indebitamento, sulle infrastrutture, sui costi del personale e sul resto, a Mediaset valuteranno la possibilità di un’acquisizione. Ma con un fine; smantellare totalmente La 7 come emittente nazionale, acquisire le sue frequenze e utilizzare alcuni asset strategici per il potenziamento delle reti Mediaset.
In questo modo, tra l’altro, Mediaset otterrebbe le frequenze Telecom a costi minori – secondo i calcoli di Cologno Monzese – di quelli che potrebbero essere sostenuti comprando le stesse frequenze dal mercato nazionale, nella famosa “asta” di Corrado Passera, di cui si attendono ancora le determinazioni finali. Un modo “tecnico” per aggirare un ostacolo e ottenere un potenziamento della capacità di diffusione del segnale senza incappare, per altro, negli strali dell’Antitrust.
Se Mediaset, infatti, acquisisse La 7 e la mantenesse “in vita”, incapperebbe immediatamente nella scure dell’Autorità della Concorrenza e del Mercato. Se, invece, l’acquistasse per “rottamarla”, allora l’Antitrust avrebbe più problemi a censurarne l’operato: la legge Gasparri dice chiaramente che ciascun attore in campo delle telecomunicazioni non può detenere più di cinque multiplex, che è un tetto altissimo, che Mediaset non raggiungerebbe neppure con l’acquisizione delle frequenze de La7. Certo, i risvolti legali sono tutti da studiare, ma il tentativo verrà fatto senz’altro.
Il passo clamoroso di Mediaset contro La7 ha anche logicamente valenze strategiche politiche molto importanti. Non solo vorrebbe bloccare l’avanzata di TI Media nel mercato degli spot, ma, sempre secondo il Fatto vorrebbe mettere il bavaglio a chi può politicamente danneggiare Berlusconi attraverso trasmissioni scomode. Soprattutto alla luce del fatto che a La7 sta per accendere nuovamente le luci sul programma “Servizio Pubblico” di Michele Santoro.
Dalla politica e dalla stampa arrivano dure critiche sull’operazione. «Se Mediaset comprasse La7 lascerei». Ha dichiarato Enrico Mentana. Secondo il giornalista si tratta «solo di un’offerta di disturbo». «Ma quando cambia l’editore è inutile gridare al lupo. Fosse Mediaset lascerei: ne bis in idem». Anche Gad Lerner dubita «assai che possa avere un seguito la manifestazione d’interesse di Mediaset». «Sarebbe una lesione clamorosa del già scarso pluralismo dell’offerta televisiva generalista in Italia», scrive Lerner sul suo blog, ma «prima ancora, per quel che ne capisco, costituirebbe un’infrazione evidente alla normativa antitrust vigente». Il giornalista invita però ad evitare psicodrammi.
Giancarlo Leone, direttore dell’intrattenimento Rai considera l’ipotesi di interessamento di Mediaset «un diversivo». Di violazione delle norme antitrust parla anche Vincenzo Vita, senatore Pd in commissione di Vigilanza Rai. Che invita il Governo a rispondere in Aula alle interrogazioni dei democratici sulla vicenda. Sullo stesso tasto batte Paolo Gentiloni. «Non so se Mediaset voglia davvero acquisire Telecom Italia Media e La7. So che non può farlo», sottolinea l’ex ministro delle Comunicazioni. Che cita «i precisi limiti ex ante fissati dalla Comunità Europea e da norme italiane sul numero massimo di multiplex e di programmi», ma c’è anche «l’ovvia constatazione che nessuna autorità antitrust potrebbe mai consentire al gruppo dominante nella tv commerciale di acquisire il suo unico competitore sul fronte sia degli ascolti che della raccolta pubblicitaria. Potrebbe essere solo un ballon d’essai, una mossa per partecipare a un percorso, magari poi passando la mano ad altri acquirenti vicini a Berlusconi».
Felice Belisario (Idv) commenta: «l’Italia sarebbe l’unico paese al mondo dove il 100% degli introiti pubblicitari e dei programmi tv in chiaro avvantaggiano il capo di una parte della politica. Una sciagura da evitare, o forse aiutare Berlusconi e la vera mission di Monti e Passera?». Bonelli (Verdi) rincara: «Si blocchi un pericoloso trust». Anche la Federazione della Stampa chiede l’intervento del Governo e in una nota scrive: «È un problema di pluralismo (cioè di democrazia) ed è un problema di tenuta industriale (cioè di posti di lavoro). Per entrambe le ragioni è vivamente richiesta una manifestazione di interesse al tema da parte dell’Esecutivo».
Fonti: Il Fatto Quotidiano | ilsole24ore.com | La Repubblica | L’Unità
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