L’investimento per l’espansione dei contenuti originali e professionali dovrebbe essere intorno ai 200 milioni di dollari, che si aggiungono ai 100 milioni già impiegati l’anno scorso al momento della partenza del progetto negli Usa. Potrà essere un’occasione anche per gli editori: Google paga questi ultimi per produrre propri canali, generalmente tematici, da inserire nella piattaforma, spesso con contenuti in esclusiva. Si va dai canali per il fitness a quelli musicali, all’intrattenimento. In genere si tratta di clip di qualche minuto, ma questa volta non sono prodotti dagli utenti o caricati da questi ultimi dopo averli registrati in tv (cosa illegale), ma realizzati professionalmente apposta per YouTube.
Il portale a volte copre l’intera produzione per un anno e intasca interamente per quel periodo i ricavi dalla pubblicità. Dopo l’anno, invece, si comincia con la suddivisione dei proventi dagli inserzionisti. Fra i fornitori di YouTube Originals, ci sono gruppi come l’americana Discovery o l’inglese BBC. Quest’ultima, per esempio, ha aggiunto due nuovi canali, uno dedicato alla scienza e l’altro alla natura e ha rimpinguato i sei già esistenti con ulteriori clip dal suo catalogo oltre che con interi show. Altri editori o case di produzione nuovi o già presenti sono Endemol Francia, Hearst, Lagardère, Reuters, Wall Street Journal, Fremantle e Au Feminine.
In questa tranche di espansione non è rientrata l’Italia, che però, secondo indiscrezioni, non tarderà a veder nascere canali prodotti nella Penisola. Per ora sono accessibili tutti quelli internazionali (www. youtube.com/yt/advertise/ it/originalchannels. html). I nuovi canali hanno come obiettivo quello di attrarre tutte le nicchie di utenti-spettatori. Secondo la stessa società, infatti, i canali non potranno che aumentare (grazie a investimenti non esorbitanti rispetto alla televisione), andando a coprire molti interessi che la televisione, anche quella tematica, non riesce a soddisfare. Da una parte, quindi, YouTube o strumenti simili, sicuramente non potranno mai sostituire la televisione tradizionale, dall’altra, però, potranno riuscire a guadagnare il tempo degli utenti, offrendo loro ciò che non trovano in quest’ultima.
Parallelamente, anche la pubblicità sui video è in crescita: negli Usa quest’anno vedrà un balzo del 46,5%, secondo eMarketer, e arriverà a 2,9 miliardi di dollari, una piccola percentuale dei 64,5 miliardi che le aziende investiranno sulla tv tradizionale, ma dal futuro promettente.
Fonte: ItaliaOggi