Il paradigma della convergenza nella letteratura sociologica dei Media Studies sta pian piano sostituendo e/o sovrapponendosi a quello più celebre della rivoluzione digitale. Un modello, quella della convergenza mediale, che è contraddistinto dalla multidimensionalità e transmedialità del processo di trasformazione dei media e dai complessi meccanismi di ibridazione e rimediazione fra vecchi e nuovi media. La televisione, soprattutto in Italia, rappresenta il campo di studio ideale per comprendere il cambiamento in atto, nella produzione, nella diffusione e nel suo consumo. Un mutamento che sta ridefinendo l’identità di questo mezzo come tecnologia e come forma culturale .
Di convergenza e digitalizzazione tecnologica, afferma Edoardo Segantini dalle colonne del CorrierEconomia, se n’è parlato per anni per indicare un treno in procinto di arrivare. Ma adesso che è arrivato, paradossalmente non se ne parla più. Eppure le sue manifestazioni sono del tutto evidenti, come ha testimoniato il recentissimo debutto quasi contemporaneo dell’iPad Mini e, sul fronte avversario, del Windows 8, che alla convergenza dovrebbero dare un’ulteriore spinta.
Per rendersene conto, basta dare un’occhiata a quello che passa l’operoso convento della tecnologia, benedetto dal gradimento dei fedeli malgrado i duri tempi della crisi. L’ultimo, clamoroso esempio è il rapido diffondersi della connected tv, cioè la televisione collegata a Internet, che, secondo Andrea Rangone del Politecnico di Milano, raggiungerà quota 12 milioni tra il 2014 e il 2015. Una tendenza importante per due ragioni. La prima è culturale: navigare in Rete in modo semplice e su uno strumento diffuso e familiare come il piccolo schermo può avvicinare a Internet fasce di pubblico che finora ne sono state escluse. La seconda è industriale: il boom dei televisori online sta creando una robusta domanda di collegamenti telefonici fissi a banda ultralarga resi necessari da un traffico dati che, con i video e l’alta definizione, si fa sempre più pesante.
Ma la tv connessa non è l’unico esempio di convergenza (e di relativo aumento del traffico dati). L’«ibrido», reso possibile da una sempre più accentuata miniaturizzazione dei componenti, è alla base del successo dei tablet e degli smartphone. Con un effetto visibile sulle abitudini di consumo: sono sempre più numerosi, ad esempio, i giovani che guardano la televisione attraverso lo schermo del pc, mentre cresce la percentuale di coloro che la seguono sul proprio smartphone.
La convergenza dipende poi naturalmente anche dalla dimensione. Al di sotto di un certo numero di pollici, uno strumento serve a fare una cosa sola: il cellulare a telefonare e spedire messaggi, l’iPod (come un tempo il walkman) ad ascoltare la musica. La dimensione è un tema sempre più cruciale: al punto da indurre Apple, storicamente nota per la sua capacità di «fare la prima mossa», a seguire la concor- renza sul terreno dei tablet tascabili o semi-tascabili, da Samsung con Galaxy Note 2 a Amazon con Kindle Fire, a Google con Nexus 7. Si rafforza, in altre parole, la tendenza a sviluppare prodotti diversi, per usi differenti, alcuni tuttofare altri specializzati. Chi aveva scommesso sulla prevalenza di un «coltellino svizzero» dell’high-tech è stato smentito.
Fonte: CorrierEconomia