Prove tecniche di pace tra tv italiana e web. Per anni tra queste due industrie c’è stato un muro di Berlino che ora potrebbe crollare. Dopo l’annuncio dell’intesa tra Mediaset e ItaliaOnLine, piattaforma di Naguib Sawiris nata dall’unione tra Libero e Virgilio, è in corso una trattativa tra Rai e YouTube per portare in maniera massiccia la tv di Stato su Internet, una partita sulla quale via Mazzini è sempre stata molto debole.
Un accordo esiste già ma il suo valore sarebbe di poche centinaia di migliaia di euro. A scoprire le carte, confermando i rumor, era stato lo stesso direttore generale, Luigi Gubitosi, due settimane fa a Cuneo: «C’è stata troppa disattenzione. La Rai ha concesso a Google i propri diritti video ad un prezzo assolutamente irrisorio, ora li stiamo ricontrattando». In realtà quando i mattoni cadono possono anche fare male a qualcuno che sta sotto. E dunque l’effetto è tutto da capire. La chiave di lettura migliore rimane sempre quella legata al mercato pubblicitario.
I dati Nielsen certificano che la raccolta in tv la fa ancora da padrona in termini assoluti: su 1,594 miliardi raccolti nei primi tre mesi del 2013 905 milioni restano al piccolo schermo. Ma con un crollo del 19,1% sullo stesso periodo del 2012. Parallelamente se vi era rimasta in testa una crescita a due cifre per l’advertising online sappiate che anche qui i venti della crisi hanno colpito: nei primi tre mesi il mercato è cresciuto «solo » del 2,1. A marzo per la prima volta è intervenuto un segno meno (-2,1% dal +9,6% di gennaio, dati FCP).
La pubblicità video nei primi tre mesi è esplosa con un +62%. «C’è moltissima richiesta in questo segmento — conferma Antonio Converti, amministratore delegato di ItaliaOnLine — ed è per questo che l’intesa tra noi e Mediaset ha senso». In realtà tra le due industry resta la tensione. Tra Mediaset da una parte e Google, Libero e Virgilio dall’altra c’è un processo. Inoltre l’aggressiva campagna di sconti messa in atto dalla Sipra secondo alcuni ha avuto un effetto depressivo anche sull’advertising online, perché con riduzioni dei prezzi anche dell’80% le società avrebbero reindirizzato il poco budget verso le prime serate.
La politica di sconti, anche di Mediaset, emerge con chiarezza sulle tabelle Nielsen del trimestre: numeri di annunci Rai +2,3% a fronte di un -18,1% in termini di valore. Per Mediaset i due numeri sono -2,3% e -18,5%. Per esempio su Sky (che come pay tv dipende molto meno dagli spot) la forchetta si chiude. Per Andrea Pezzi, presidente di Ovo, «la politica commerciale molto aggressiva della Rai si riflette pesantemente sul digitale. Una tv di Stato, per cui viene chiesto il pagamento del canone, dovrebbe essere più accorta e sostenere il mercato, non frenare la nascita di nuove start up». Per Andrea Santagata, amministratore delegato di Banzai Media, questo effetto sconti invece non c’è. «La pressione si sente ma è l’effetto della riduzione dei budget delle multinazionali».
In realtà la crisi dell’adv online non esiste per tutti. Facebook e soprattutto Google non rilasciano dati e dunque le stime FCP sono parziali. Di quanto? L’anomalia della fatturazione in Irlanda— con il fine di evadere per la Guardia di Finanza — costringe alle stime. Per il 2012 si parla di una raccolta di 70o milioni per Google e di 35 per Facebook. Crescita double digit.
La trappola degli accordi è dietro questi numeri. Se la Rai affiderà a YouTube anche l’invenduto della raccolta ci sarà un doppio effetto: i contenuti premium dovranno gareggiare con il selfbroadcasting talvolta anche virale, con un effetto squalificante. E una quota consistente della raccolta resterà a Google. Per questo Mediaset ha tenuto la raccolta pubblicitaria in Publitalia che la venderà tentando di sommare l’audience tv con quella del Web (Iol con 20 milioni di utenti unici viene subito dopo Google e Facebook per reach). Insomma, tv e web: così lontani, così vicini.
Fonte: La Repubblica