Da un articolo di Stefano Feltri e Carlo Tecce su Il Fatto Quotidiano del 17/09/2011:
L’asta delle frequenze e il beauty contest riservano sorprese ogni giorno. Anche contabili. Visto che l’asta delle frequenze da assegnare agli operatori telefonici si sta rivelando una miniera d’oro, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti ha deciso di approfittarne. Perché non si rinuncia volentieri a una torta che è arrivata a 3,3 miliardi (coi rilanci di venerdì quasi 3,4 miliardi -ndr) e che continua a crescere.
Premessa: la Finanziaria 2011 (rinominata Legge di Stabilità -ndr), approvata un anno fa, prevedeva che dall’asta LTE sarebbero arrivati 2,4 miliardi. In caso qualcosa fosse andato storto, quei miliardi di mancato gettito sarebbero diventati tagli di spesa ai ministeri. I colleghi di Tremonti, in questi giorni, già si stavano fregando le mani a vedere i rilanci continui dell’asta, sperando di avere qualche soldo in più da spendere in un momento in cui la combinazione delle manovre 2011 li sta affamando. Invece niente: i soldi se li tiene Tremonti e i tagli diventano permanenti, come anticipato ieri da MF – Milano Finanza. E il conto lo pagano soprattutto il Ministero dello Sviluppo economico e i fondi Fas, quelli per le aree meno sviluppate, spesa per investimenti che dovrebbe poi generare sviluppo. Invece i 3 miliardi e passa potrebbero diventare la sorpresa d’autunno con cui il governo spera di recuperare consensi: il decreto sviluppo che, si suppone, potrebbe placare un po’ le recriminazioni delle regioni del Nord che si sentono le più penalizzate dagli oltre 12 miliardi di tagli ai trasferimenti da Roma previsti dalla manovra.
Questo imprevisto tesoretto e le possibilità politiche che offre non sposta di una virgola la linea sul beauty contest, la procedura parallela che regala le frequenze televisive in digitale anziché metterle all’asta come quelle per la telefonia. Lo scopo della procedura è sempre lo stesso: evitare che il cambio di tecnologia turbi i rapporti di forza attuali, cioè il duopolio Rai-Mediaset. Lo dimostra anche la composizione della commissione ministeriale incaricata di aprire le buste con le domande di assegnazione delle frequenze.
La prima stranezza è l’advisor, non una società esterna come accade per i diritti televisivi del calcio, ma la Fondazione Ugo Bordoni di Roma che già collabora con il ministero. Il ministero ha nominato tre commissari, i tre che dovranno valutare le offerte di dieci società che si contendono 6 frequenze, 5 per il digitale terrestre, una per la tv sul telefonino (o per il nuovo stadard tv DVB-T2 – ndr). Il gruppo A, in teoria, dovrebbe aprire un piccolo spiraglio nel mercato con l’avvento sul digitale di Sky, da tempo monopolista sul satellite, mentre Rai, La7 e Mediaset fanno parte del gruppo B.
L’azienda di Silvio Berlusconi, per questioni di supremazia, non ha mai tollerato la concorrenza diretta con Sky, visto che il calcio a pagamento si regge sul bipolarismo perfetto. Siccome i tre commissari dovranno decidere sulle sorte di Sky è molto importante che non diano adito a contestazioni. Il ministero sarà rappresentato da Francesco Troisi, direttore Generale Pianificazione e gestione delle frequenze. Poi c’è l’avvocato Vincenzo Francischelli, professore ordinario della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca. Francischelli, però, è stato il legale insieme al romano Vincenzo Zeno-Zencovich di Conto tv durante lo scontro sui diritti del calcio fra l’imprenditore Marco Crispino e Sky Italia, una partita giudiziaria che interessava molto a Mediaset. Il terzo componente è l’avvocato Giorgio d’Amato, stimato professionista, negli anni Novanta era segretario generale dell’Ufficio del Garante per la radiodiffusione e l’editoria. Quindi D’Amato conoscerà bene lo strapotere mediatico del Cavaliere perché diede torto a chi aveva perplessità sulla proprietà de il Giornale, nel frattempo passata a Paolo Berlusconi, e sul controllo di Tele+ sempre di B. senior.