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Diritti TV, la Serie A accusa Cloudflare di favorire il “pezzotto”

La Lega Serie A, impegnata nella guerra al pezzotto, si scaglia contro il gigante dei servizi CDN Cloudflare: «Fornisce gli strumenti per trasmettere i contenuti illegali».

La Lega Serie A prova ad allargare la sua guerra  contro il fenomeno del “pezzotto”. Dopo il varo nello scorso febbraio del sistema di controllo e oscuramento Piracy Shield di Agcom, in grado di bloccare in soli 30 minuti dall’inizio delle partite di Serie A le trasmissioni illegali, la Lega Calcio accusa ora Cloudflare, colosso informatico americano delle reti CDN (Content Delivery Network), di complicità con il mercato pirata con un ricorso presentato al Tribunale di Milano il 3 aprile scorso.

La Lega accusa Cloudflare di fornire servizi che aiutano i pirati e i loro clienti, i tifosi, a eludere le misure anti-pirateria messe in atto dall’Agcom. I club di Serie A sostengono che la società USA permette ai pirati di operare in una rete privata attraverso l’uso di VPN gratuite, rendendo difficile per le autorità il controllo e l’identificazione degli abbonati alle pay-tv illegali. Nonostante ciò, la Lega ritiene che gli abbonati potrebbero essere individuati se Cloudflare condividesse i log di connessione con le forze dell’ordine, cosa che l’azienda si rifiuta di fare.

Inoltre, la Serie A afferma che il colosso delle reto CDN  fornisce strumenti che permettono di bypassare i blocchi imposti dall’Agcom, come la gestione autonoma del DNS da parte dei tifosi, e appunto il servizio Content Delivery Network, che distribuisce i contenuti delle partite attraverso server vicini agli utenti per una visione ottimale. Secondo la Lega calcio Cloudflare può negare il servizio alle pay-tv illegali ma di scegliere di non farlo, anzi quando il Garante italiano blocca un porta di accesso delle trasmissioni illegali, la società statunitense fornirebbe subito migliaia di altre porte di riserva.

L’azienda americana, che ha sede a San Francisco, da sempre respinge tutte le accuse e le richieste delle autorità italiane, considerandole illecite o incostituzionali. La situazione è complessa, con il Tribunale di Milano che dovrà decidere se procedere con ulteriori indagini, basandosi su nuove denunce che potrebbero emergere.

Anzi Cloudflare sostiene di essere stata danneggiata dall’azione dello scudo anti-pezzotto italiano, che ha portato all’oscuramento di siti legali. Secondo il ricorso presentato dalla Lega Calcio, il 24 febbraio 2024, l’Agcom ha ricevuto un’ondata di proteste via email, con circa 1200 messaggi inviati a due indirizzi specifici, mentre fonti Agcom affermano che le email erano in realtà 2000. Queste includevano comunicazioni sia da mittenti ordinari che da mittenti con Posta Elettronica Certificata (Pec) legalmente riconosciuta.

Si ipotizza perciò che migliaia di siti web legali siano stati oscurati da Piracy Shield e abbiano protestato contro l’Authority. Nonostante il grande numero di proteste, sembra che nessuno dei siti coinvolti abbia poi preso ulteriori iniziative nei giorni successivi. Questo solleva interrogativi sul perché la Lega Calcio abbia menzionato l’evento del 24 febbraio nel suo ricorso. La Lega Calcio suggerisce che Cloudflare potrebbe aver orchestrato le proteste via email e offerto assistenza ai siti che si ritenevano ingiustamente oscurati. Se ciò fosse vero, secondo la Lega Calcio, Cloudflare avrebbe perso la sua “neutralità” come provider, assumendo un ruolo attivo nel supportare i siti colpiti dallo scudo anti-pezzotto. Questa situazione aggiunge un ulteriore livello di complessità alla battaglia legale in corso e pone interrogativi sull’equilibrio tra la protezione dei diritti di trasmissione e la libertà di internet.

Nel frattempo il controverso sistema Piracy Shield sta esaurendo la sua capacità di bloccare gli indirizzi IP e i domini imposta dalla stessa Agcom per tutelare gli ISP (Internet Service Provider). Il limite di blocco fissava la soglia limite a 18mila fully qualified domain name (Fqdn, ossia un nome di dominio non ambiguo che consente di identificare senza dubbio una risorsa online) e 15mila indirizzi Ipv4. In data 24 maggio il sistema ha registrato un numero di segnalazioni talmente alto (1332 dai detentori dei diritti tv) che ha sfiorato il limite consentito nell’accordo tra l’autorità e gli ISP (secondo una fonte pubblicata da Wired). Il problema riguarda più che altro il numero di indirizzi da bloccare che andrebbero a caricare di troppo lavoro i router delle infrastrutture di rete.

Per questo motivo Agcom vorrebbe chiedere al governo entro l’estate l’autorizzazione del blocco dei domini direttamente con il sistema anti-pezzotto, cosa che finora non è stata possibile e che ha causato numerosi problemi degli oscuramenti di siti legali. Il blocco potrebbe essere temporaneo (massimo qualche mese), anche perché i pirati abbandonano sempre gli indirizzi IP bloccati per usare quelli ancora visibili per lo streaming illegale.

Fonti: La Repubblica – wired.it