Ieri 24 maggio con 313 si, 291 no e 2 astenuti l’Aula di Montecitorio ha approvato con voto di fiducia il famigerato decreto Omnibus che predispone, tra le innumerevoli misure (come lo stop ingannevole al programma del nucleare), i termini per stabilire il calendario definitivo per il passaggio al digitale terrestre (prorogati al 30 settembre 2011), quelli per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze televisive (da fare entro il 30 giugno 2012), e soprattutto le norme che ragolamentano l’esprorio per legge dei canali 61-69 UHF delle tv locali, i vista dell’asta da 2,4 miliardi di euro per la banda larga mobile.
Marco Rossignoli, coordinatore dell’associazione Aeranti-Corallo, in occasione del RadioTv Forum, ha evidenziato le difficoltà del settore televisivo locale imposte dal passaggio al digitale terrestre e ha chiesto ripetutamente un consistente aumento degli incentivi: «La legge di Stabilità 2011 ha sottratto alla radiodiffusione televisiva 9 frequenze tv, quasi esclusivamente dalle tv locali, per destinarle attraverso una gara ai servizi di comunicazione mobile in banda larga. Tale riduzione – ha aggiunto Rossignoli – ha la conseguenza che le frequenze sono ora insufficienti per consentire a tutte le tv locali di diventare operatore di rete nelle aree ancora da digitalizzare e di continuare a svolgere tale attività nelle aree già digitalizzate».
La legge riserva alle tv locali un terzo delle frequenze, ma il decreto appena approvato nega questo diritto riducendo il numero dei canali attraverso delle graduatorie per regioni e per aree tecniche ai fini del rilascio dei diritti di uso delle frequenze per le trasmissioni televisive digitali terrestri. Aeranti-Corallo non accetta che siano sottratti questi nove canali alle sole emittenit regionali, mentre saranno assegnate gratutitamente nel beauty contest altre 6 frequenze alle tv nazionali, e propone che siano sottratte solo tre frequenze alle locali e mentre le altre sei dovrebbero essere prese dalle tv nazionali.
Secondo Rossignoli poi gli indennizzi previsti dalla Legge di Stabilità (il 10% dei ricavi dell’asta LTE) sono talmente irrisori da non incentivare certamente nessuna tv locale a cedere le frequenze attualmente occupate. L’associazione chiede di triplicare almeno questi contributi (720 milioni di euro) per avvicinarsi ai valori minimi di mercato delle frequenze di trasmissione, e propone inoltre nuove norme di indirizzo del mercato pubblicitario, come sgravi di imposta per le aziende che acquistano spazi pubblicitari sull’emittenza locale e come il divieto di trasmissioni pubblicitarie per le pay-tv.
Il ministro dello sviluppo economico Paolo Romani, presente anch’esso al RadioTv Form di Aeranti-Corallo, ha risposto che è possibile aumentare gli incentivi per le tv locali, ma solo in base ai ricavi ottenuti attraverso la gara per le frequenze tv per la banda larga mobile, che il governo, secondo le ultime indiscrezioni, vorrebbe realizzare nel prossimo mese di agosto. Secondo Romani i 240 milioni di euro di contributi non sono briciole, ma le regole per ora non consento di superare questa cifra nel caso che la gara frutti più soldi di quelli previsti. Se però i ricavi saranno maggiori di quelli attesi il Ministero potrebbe concedere il 10% reale dell’incasso al settore delle tv locali, ma esclude categoricamente che possa arrivare a 720 milioni.
La guerra giudiziaria da parte delle tv locali, con l’annunciata pioggia di ricorsi al Tar del Lazio, è quindi certa, come è certo che, senza una garanzia di effettiva disponibilità delle frequenze, la maggior parte degli operatori tlc diserterà l’asta e farà leva sul prezzo dei canali. Si prospetta quindi il rischio di un rinvio sine die dello sviluppo delle reti della banda larga mobile, unica vera infrastruttura che può contrastare nel breve periodo il digital divide nostrano, e l’avvio di un periodo indefinito di incertezza operativa per le tv locali.
Per quanto riguarda il beauty contest per il digitale terrestre – la procedura per assegnare cinque frequenze digitali alle tv nazionali – il ministro Romani e Corrado Calabrò, presidente dell’Agocm, spiegano che si tratta di una scelta obbligata, imposta dall’Ue. «Il beauty contest non è una procedura che abbiamo condiviso come immaginata da noi, ma è una mediazione internazionale, è figlia di un’infrazione (provocata dalle disposizione sul dividendo digitale della legge Gasparri 2004 che ha negato il pluralismo sulla nascente piattaforma digitale terrestre- ndr), è stata imposta dalla Commisione europea per mettere a posto un meccanismo che guarda caso riguardava l’anomalia italiana in campo televisivo». Il ministro ha spiegato che la settimana scorsa sono stati trasmessi gli ultimi particolari a Bruxelles e il beauty contest dovrebbe tornare legittimato dal bollino europeo. «È vero che al beauty contest partecipano gli incumbent ma è anche vero che questi non occuperanno tutte le frequenze. Alla gara potranno partecipare anche i nuovi entranti. Non ho ancora capito chi sono i nuovi entranti, a Bruxelles pare che ce ne siano tanti, io non ne ho ancora visto uno», ha chiuso Romani.