Aria di ennesima rivoluzione d’ottobre a Viale Mazzini. Il governo Renzi si prepara a riformare il canone e la governance della Rai.
E’ ancora in fase di elaborazione, ma l’annunciata riforma del canone Rai dovrebbe abbassare il costo della tassa più odiata dagli italiani dai 113,50 euro attuali ai 58/80 euro variabili a seconda dell’indice Isee dichiarato dal nucleo familiare (65 euro in media). L’imposta sarà obbligatoria per tutti, a prescindere dal possesso di un apparecchio tv, e sarà inserita probabilmente nella bolletta elettrica. Il pagamento dell’abbonamento (forse a prezzo ridotto) sarà esteso però anche alle seconde e terze case sfitte oggi escluse dal versamento.
La riforma cambierà dal profondo la logica che sta alla base dell’imposta. Attualmente è il possesso di un apparecchio radiotelevisivo, forse da gennaio 2015 sarà sufficiente la titolarità di una qualsiasi apparecchiatura elettronica in grado di ricevere segnali radio e tv, compresi dunque computer, tablet e smartphone. La riforma, raccontano fonti del governo, parte da un postulato: chi è titolare di una utenza elettrica ha per certo anche la disponibilità di un televisore e dunque deve pagare il canone. E quindi, rispetto a quanto avviene oggi, con un meccanismo di inversione della prova, sarà il cittadino a dover dimostrare che non è vero inviando una raccomandata alla Rai per contestare la tassa. A quel punto, secondo quanto spiegano ambienti ministeriali, la Guardia di finanza (autorizzata dall’autorità giudiziaria su richiesta dell’Agenzia delle Entrate) avrà il potere di indagine, oggi escluso, per verificare presso l’abitazione se davvero non sono presenti apparecchi televisivi.
Per le fasce di reddito più basse, tenendo conto dell’indicatore Isee, si pensa a un’esenzione totale o parziale che potrebbe riguardare circa un milione di nuclei familiari sotto i 7.500 euro all’anno. Per le aziende che erogano energia e che dovranno rimodulare le loro bollette è prevista invece la possibilità di ottenere dei rimborsi. Se il progetto del governo dovesse incontrare ostacoli lungo il cammino parlamentare o in fase di realizzazione, sono già allo studio delle contromisure. La prima: l’inserimento della bolletta elettrica nella dichiarazione dei redditi, una novità della quale non si era parlato finora; la seconda: l’invio del bollettino per il pagamento del canone in abbinata (ma distinto) con la bolletta elettrica.
L’ipotesi del collegamento del bollettino Rai alle utenze elettriche degli italiani sta scatenando una vera e propria bufera politica. L’Agenzia delle Entrate segnalava qualche tempo fa che l’evasione di quanto dovuto dai telespettatori italiani ammonta a 450 milioni all’anno, cioè il triplo di quel che la Rai dovrà versare allo Stato come contributo per il risanamento delle casse pubbliche. Il presidente dell’Autorità per l’Energia, Guido Bortoni ha affermato che: «è una modalità impropria di riscossione e di difficile applicazione. La bolletta della luce è già composta da una serie di voci che sono al di fuori del prezzo dell’energia, della commercializzazione e del dispacciamento, e che vanno sotto la sigla più generale di oneri di sistema, come ad esempio gli incentivi alle fonti rinnovabili. Questa voce in più creerebbe ulteriore difficoltà nella comprensione della bolletta». Inoltre gli oneri di gestione sarebbero enormi e problematici: nella gestione della riscossione e soprattutto in quella delle contestazioni per i mancati pagamenti del canone.
Secondo Adusbef e Federconsumatori «è balzana e illegale l’idea di addossare sulle bollette elettriche l’obbligo di far pagare il canone Rai anche a famiglie, cittadini, consumatori e utenti che non hanno la televisione, imponendo alle aziende elettriche l’ingrato compito di esattori». Per il Codacons «si tratta di una barbarie nei confronti degli utenti. Imporre al cittadino l’onere di dimostrare di non avere televisori nella propria abitazione, pena l’addebito diretto in bolletta, appare un atto abnorme».
Per quanto riguarda la nuova governance Rai, dopo le polemiche sul clamoroso ricorso votato dal Cda contro i tagli del decreto Irpef del governo , l’esecutivo studia l’eliminazione della figura del direttore generale e l’introduzione dell’amministratore delegato, con tutti i poteri dell’ad di una società privata. Il Consiglio di amministrazione potrebbe passare dagli attuali nove a cinque componenti. Ma sarà sempre il Parlamento a eleggere i consiglieri. Sarebbe allo studio come alternativa l’ipotesi di restringere i numeri della Commissione di Vigilanza Rai, e di nominare i membri attraverso soggetti esterni. I nomi sarebbero eletti tra una rosa indicata da soggetti esterni e autonomi dalla politica. Il presidente Rai, infine, dovrebbe essere indicato dal cda ed eletto dalla Commissione di Vigilanza.
Fonti: La Repubblica | La Stampa | Il Messaggero