da parte della Commissione Ue e del sottosegretario Giacomelli (attraverso alcune missive), l’Agcom pare non abbia alcuna intenzione di tornare sui propri passi in merito alla questione della riforma del canone di concessione delle frequenze televisive (che applicherà un forte sconto per Rai e Mediaset).
Il Garante per le comunicazioni, scrive oggi La Repubblica, non intende attendere oltre il 30 settembre per approvare le nuove regole suoi criteri di calcolo del canone che le emittenti dovranno all’erario. Poi sarà compito del Ministero dello Sviluppo economico stabilire gli importi materiali sulla tassa. Il governo Renzi, se ne avesse intenzione, avrebbe tempo due giorni per contrastare le direttive sui canoni di concessione dell’Agcom.
Le critiche di Giacomelli sulla riforma del canone si sono soffermate soprattutto sulla consistente riduzione delle entrate per lo Stato. Secondo quanto riporta Aldo Fontanarosa, ieri alla Camera circolava un appunto tecnicamente attendibile: nel 2014, con il nuovo meccanismo, l’erario si ritroverà in cassa 39,52 milioni in meno rispetto al 2013 (effetto del maxi-sconto per Rai e Mediaset alleggerite di 23,1 e 17,2 milioni rispetto all’anno scorso). Nei primi 4 anni, l’ammanco per lo Stato lieviterà a 104,8 milioni (mentre il beneficio per Viale Mazzini e il Biscione a 73,1 e 49,5 milioni). Le casse pubbliche conteranno ben 131,7 milioni persi, infine, tra il 2014 e il 2021. Secondo Il Fatto Quotidiano in 7 anni Mediaset potrebbe risparmiare ben 80 milioni di euro e la Rai quasi 126.
La norma attualmente in vigore, introdotta dalla Finanziaria del 2000, prevede che ogni azienda televisiva versi allo Stato l’1% del fatturato per le frequenze che utilizza. Norma che, in pratica, ha sempre fatto pagare più tasse alle emittenti più ricche: circa 23 milioni alla Rai e circa 20 a Mediaset (secondo i dati del 2012). Mentre le locali devono attualmente un importo fisso di 17.776 euro.
La lettera della Commissione Ue del 18 luglio scorso (firmata da Linsley McCallum e Anthony Whelan) bacchetta le decisioni dell’Agcom e ricorda la dolorosa questione della procedura d’infrazione aperta nel 2006 sulla quasi inesistente concorrenza del mercato televisivo italiano, figlia della famigerata Legge Gasparri pro-Mediaset. La Commissione infatti sottolinea sui canoni di concessione che l’importo dei diritti non può ostacolare l’accesso di nuovi operatori sul mercato o ridurre la capacità innovative degli operatori di servizi di telecomunicazione; ricordo poi che le pari opportunità tra i vari operatori economici devono essere assicurate, e che il nuovo sistema di contributi non dovrebbe comportare condizioni più gravose per i nuovi entranti né nuovi vantaggi per i soggetti esistenti.
La riforma preparata dall’Authority poi sposterà il peso del canone dalle imprese editoriali agli operatori di rete. Per la Rai pagherà Rai Way e per Mediaset, invece, Elettronica Industriale (EI Towers). Con l’obiettivo di fare pagare di più ai nuovi operatori del mercato tv. Ma in sostanza pagheranno più tasse gli operatori nazionali più piccoli (come Persidera di Telecom Italia Media e il gruppo L’Espresso, e H3G) e quelli locali.
Secondo La Repubblica, Angelo Cardani, presidente del Garante, non ha mai amato il provvedimento in esame. Quando i tecnici dell’Agcom gli hanno mostrato una prima bozza, l’ha bollata come impresentabile. Poi ha sempre votato contro nelle riunioni preliminari (insieme al commissario Nicita). Martedì però la riforma può ricevere il sì dei commissari Antonio Martusciello (ex dirigente Publitalia, la concessionaria pubblicitaria di Mediaset), Antonio Preto (ex collaboratore di Brunetta e Tajani in Forza Italia) e del relatore Posteraro.
Fonti: La Repubblica | Il Fatto Quotidiano