Canone Frequenze, l’ennesimo pasticcio televisivo

L’ennesimo pasticcio sulle frequenze tv, uscito ieri dal calderone del decreto Milleproroghe, sta facendo infuriare gli editori emergenti della tv e gli operatori di rete del settore. E ha già prodotto un ammonimento dall’Europa.

Con l’annullamento delle ultime disposizioni del governo e il mancato passaggio di competenze dall’Agcom al Ministero dello sviluppo sulla riforma della materia delle frequenze televisive, il canone per l’affitto dei canali tv, che si dovrebbe pagare in base al numero di multiplex (non più in base al fatturato), rischia di pesare in modo sproporzionato sulle società emergenti che detengono le porzioni di spettro e ripetitori (come ad esempio Persidera) e sulle tv locali. Applica poi un sostanzioso sconto per gli incumbent Rai e Mediaset, e in soldoni porta molti meno introiti per le casse dello Stato. Il tentativo di limitare i possibili danni causati dalla delibera n. 494/14/CONS è caduto miseramente lunedì sera in Commissione Bilancio e Affari Costituzionali della Camera con la bocciatura dell’emendamento relativo.

Ora resta in ballo il decreto di fine dicembre, che chiede agli operatori tv un acconto del 40% sui canoni dello scorso anno, e blocca la famigerata delibera Agcom duramente criticata nel luglio scorso dalla Commissione Europea, che, citando la famosa procedura di infrazione sul mercato televisivo italiano, sottolineò in una missiva: «i contributi da versare devono essere giustificati, trasparenti, non discriminatori; l’importo dei diritti non può ostacolare l’accesso di nuovi operatori sul mercato o ridurre la capacità innovativa degli operatori di servizi di telecomunicazione; e le pari opportunità tra i vari operatori economici devono essere assicurate».

Marinella Soldi, l’ad di Discovery Italia, il terzo editore nazionale per ascolti, spiega che il suo gruppo, che non possiede frequenze o antenne ma le affitta da Persidera, sarà probabilmente costretto a pagare un fitto più alto a causa del canone maggiorato imposto all’operatore di rete di proprietà di Telecom Italia Media e del Gruppo L’Espresso. Allo stesso modo l’imprenditore Tarak Ben Ammar, proprietario dell’operatore Prima Tv (mux DFree) che veicola i canali di Mediaset Premium, ha esternato ieri i suoi dubbi. Secondo l’editore tunisino, che spinge per un intervento del sottosegretario Giacomelli, le televisioni nazionali versano allo Stato un superbollo per i diritti amministrativi fissati dal Codice delle Comunicazioni elettroniche. Mentre le tv locali spesso evadono. E propone di ritoccare i diritti (come ha fatto il Garante inglese, l’Ofcom) e in modo da abbassare il canone per tutti e portare risorse fresche.

Ma il Pd, per voce di Vinicio Peluffo, capogruppo del Pd in Commissione di Vigilanza sulla Rai, cerca di stemperare i toni: «L’assenza del congelamento dei canoni delle frequenze tv nel decreto Milleproroghe risponde solo a criteri tecnici e non politici: la bocciatura in Commissione Bilancio dell’emendamento messo a punto dal sottosegretario alle Comunicazioni Giacomelli è puramente tecnica e attiene alle valutazioni del Ministero dell’economia. Il tema – ha assicurato il capogruppo Pd in Vigilanza – non verrà derubricato ma rimandato ad un provvedimento ad hoc, perché è necessario intervenire per una revisione complessiva per i contributi in materia di frequenze tv e mantenere gli impegni presi».

Fonti: La Repubblica | ilsole24ore.com | Radiocor

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Redazione
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