Nell’asta frequenze Tv ipotizzata dal governo per la liberazione della banda 700 MHz in favore del 5G saranno avvantaggiati i soliti operatori: Mediaset, Rai, Persidera, Cairo Networks.
Il governo M5S-Lega con il lavoro del Tavolo TV 4.0 prepara la contestatissima gara senza rilanci che assegnerà due frequenze Tv alle emittenti nazionali. Per regolare la liberazione della banda 700 MHz in favore del 5G, il procedimento d’asta assegnerà i Mux del digitale terrestre all’operatore Tv che offrirà di più, ma saranno anche valutate le capacità tecniche, le infrastrutture di rete possedute, oltre che la qualità dei contenuti da trasportare «alla più vasta maggioranza della popolazione italiana».
Questo darà sicuramente un netto vantaggio ai maggiori operatori di rete che detengono ora i Multiplex del dtt, da Mediaset alla Rai, da Persidera fino a Cairo Networks. Gli operatori di rete saranno costretti a rinunciare a metà delle frequenze attuali, ma avranno ottime chanches di ottenere risorse con minor rischio di vedersi scavalcare da nuovi operatori. Al momento, il mercato nazionale è composto da 20 Multiplex: Ei Towers (Mediaset) possiede cinque Multiplex, come Persidera (70% Telecom Italia, 30% gruppo Gedi) e la società pubblica Rai, Rai Way. Un multiplex ciascuno per Urbano Cairo (La7), Europa7, ReteCapri, Wind Tre e Dfree di Tarak Ben Ammar, che ospita i canali del Biscione.
La novità è contenuta in un emendamento alla legge di Bilancio presentato martedì scorso in commissione al Senato a firma dei relatori e con alta probabilità che sia approvato. Il testo regola l’abbandono della banda 700 MHz da parte delle televisioni a favore delle tlc, modificando quanto era stato stabilito con la Manovra dello scorso anno. Fra le procedure vi è appunto la gara onerosa senza rilanci con la quale saranno attribuiti due multiplex ricavati dalle tv locali, in seguito all’abbandono della riserva di un terzo delle frequenze disponibili che finora era previsto per legge per queste ultime. Saranno messi in gara 4 lotti per le due frequenze, ma sarà l’Agcom a stilare un regolamento per il bando da avviare nell’autunno del 2019. Per esempio, si ragiona per ipotesi, se Mediaset partecipa al lotto 1 non può importunare Persidera che partecipa al lotto 2.
La versione precedente dell’emendamento era molto diversa: si prevedeva di favorire l’accesso «di fornitori di servizi di media audiovisivi non verticalmente integrati con operatori di rete», ovvero editori di canali senza proprie frequenze come possono essere Sky e Discovery oppure (se per assurdo fossero interessati) Over The Top come Netflix o Amazon Prime Video. Si può dire però che la formulazione attuale sia un compromesso: gli operatori nazionali da tempo lamentavano che nel passaggio da 20 a 10 Multiplex non avrebbero potuto far stare tutti i canali attualmente trasmessi anche utilizzando il digitale terrestre di seconda generazione (DVB-T2) e chiedevano più risorse frequenziali senza oneri. La rivendicazione faceva leva sul fatto che a ciascun operatore di rete erano stati attribuiti i diritti d’uso sulle frequenze attuali fino al 2032/2034 e nonostante questo sarebbero state dimezzate senza indennizzo. Il governo alla fine farà comunque pagare le frequenze mettendole a gara (senza rilanci) ma ha concesso che gli attuali operatori che hanno investito nel tempo abbiano maggiore possibilità di assegnazione.
L’asta frequenze Tv si dovrà svolgere entro il novembre del prossimo anno e il valore minimo delle offerte sarà determinato dall’Agcom sulla base del valore di mercato. Questo significa che la base di partenza saranno i 31 milioni di euro pagati da Urbano Cairo nell’asta con cui si è aggiudicato il Multiplex nel 2015 per vent’anni. Caratteristica importante della gara futura è però che i Multiplex a gara saranno divisi a metà e quindi ciascun lotto sarà composto da mezzi Mux. Da una parte così Mediaset, Rai, Persidera e Cairo avranno la possibilità di avere ciascuno la propria porzione, sebbene nessuno impedisca agli altri operatori di rete di fare un’offerta (gli altri sono Prima Tv, H3G, ReteCapri ed Europa Way, ma le condizioni di partenza sono ben diverse).
Dall’altra, facendo così ci saranno più chances di risolvere una questione rimasta sospesa: dimezzando tutte le frequenze, Mediaset, Rai e Persidera si sarebbero trovati con 2,5 Mux ciascuno dai 5 originari e gli operatori che hanno attualmente un solo Mux (tra i quali Cairo) se ne sarebbero trovati mezzo a testa. Tutto questo avrebbe portato alla necessità di accordarsi con il detentore dell’altro mezzo Mux (costruendo consorzi per esempio) ma con i problemi che sarebbero nati su investimenti, gestione eccetera. Con la nuova proposta dell’asta frequenze Tv, anche se si avranno mezzi Mux che non combaciano fra loro, sarà più semplice trovare un accordo con chi ha l’altra metà della frequenza. E se gli operatori si troveranno per forza a convivere e nasceranno diatribe a quel punto interverrà l’Agcom.
Gli introiti della gara, in un primo momento riservati soltanto all’innovazione nelle tecnologie televisive, saranno impiegati anche per incentivare l’acquisto di decoder da parte dei cittadini. E a proposito di questo, già l’emendamento prevede un incremento di 50 milioni (150 in totale) del fondo destinato all’acquisto dei dispositivi di ricezione spostandoli dai 270 milioni previsti per la configurazione delle reti da parte degli operatori.
L’emendamento, inoltre, fa slittare alcune scadenze della roadmap, pur mantenendo il termine del processo al 2022. Soddisfatta Confindustria Radio Tv, secondo cui l’emendamento «appare orientato nella direzione della difesa del piattaforma televisiva digitale terrestre e delle imprese del settore». L’associazione ha ricordato come era necessario modificare le norme in materia della legge di Bilancio dello scorso anno ma «allo stesso tempo di salvaguardare investimenti, lavoro e funzionalità delle imprese operanti nel settore in Italia. È il primo passo indispensabile per un punto di equilibrio».
Fonte: ItaliaOggi