«Entro l’estate verranno assegnate nuove frequenze televisive in digitale». Lo ha detto il viceministro allo Sviluppo economico, Antonio Catricalà in audizione alla Commissione Lavori pubblici del Senato.
L’Europa infatti spinge per la realizzazione della gara che mira ad aprire (forse) il mercato telvisivo italiano, e a scongiurare la procedura di infrazione avviata nel lontano 2006 dalla Commissione Europea sulla famigerata Legge Gasparri.
«Ai sensi del decreto legge n. 16/12, convertito in legge n. 44/12, al fine di assicurare l’uso efficiente e la valorizzazione economica dello spettro radio, nonchè per aprire il mercato di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale a soggetti nuovi entranti o agli operatori minori esistente, verranno assegnati nuovi diritti di uso per frequenze televisive nazionali tramite un’asta con offerte economiche con rilanci competitivi – ha annunciato Catricalà – tenuto conto che, dopo la pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale dovrà trascorrere un mese per la presentazione delle domande di partecipazione, almeno un altro per la verifica delle stesse, più un altro per l’avvio effettivo della gara, è molto probabile che le operazioni finiscano per chiudersi comunque entro l’estate del 2014».
«All’asta – continua Catricalà – andranno frequenze che compongono tre reti televisive digitali terrestri nazionale (tre multiplex in totale – ndr) con un diritto d’uso ventennale non trasferibile per i primi tre anni, due in banda VHF e uno in banda UHF». La base d’asta è stata fissata a 90,75 milioni di euro per tutti e tre i lotti «destinati alla sola tv per 20 anni», ha detto Catricalà, aggiungendo che «le offerte economiche prevedono un sistema di miglioramento competitivo con importo minimo stabilito in base al costo per abitante incluso nel decreto per le misure compensative per la liberazione della banda 800 MHz, in modo proporzionale alla copertura potenziale: la base d’asta prevista nel bando è pari a circa 29.300.00 euro, 29.825.000 euro, 31.625.000 euro rispettivamente per L1, L2, L3».
«La potenziale copertura, valutata da Agcom tramite reti di riferimento, varia dall’89,5% del lotto L e 91,1% per L2 al 96,6% del lotto L3; L1 e L2 potrebbero presentare residui problemi di compatibilità internazionale, il provvedimento – ha detto ancora Catricalà – consente di concorrere per tutti e tre i lotti (L1, L2, L3) ai soli nuovi entranti o piccoli operatori (cioè che detengono un solo multiplex); di concorrere per al più due lotti tra L1 e L3 agli operatori integrati, attivi su altre piattaforme con una quota di mercato superiore al 50% della tv a pagamento (Sky); esclude dalla partecipazione alla gara gli operatori che detengono tre o più multiplex Mediaset, Rai e Telecom Italia Media».
L’asta è però in evidente ritardo. Aldo Fontanarosa su La Repubblica racconta che, dopo il varo del regolamento generale a marzo da parte dell’Agcom, ci sono voluti ben 4 mesi per far pervenire la bozza del Bando e del Disciplinare presso la Commissione Ue. Il 20 dicembre l’Europa ha inviato al governo italiano tre obiezioni sul mercato tv italiano e sulla gara, che, se modificata, potrebbe ottenere il sospirato ok dall’Europa. La prima riguarda il bando, che Bruxelles giudica non coerente con il regolamento Agcom. La seconda riguarda le tempistiche: l’Italia, lo ha detto recentemente anche Joaquin Almunia, deve affrettarsi.
Infine la Commissione critica la posizione del Ministero dello sviluppo e di Mediaset, che ha convertito il suo mux in DVB-H nella tecnologia per il digitale terrestre (DVB-T) con il benestare del dicastero. Secondo le norme sulla concorrenza con l’acquisizione del quinto multiplex il Biscione è obbligato a cedere (ad altri editori) il 40% della capacità trasmissiva della stessa frequenza. L’affitto deve avvenire sulla base di un listino prezzi che non discrimini gli editori concorrenti. L’Europa perciò ha contestato al Ministero la mancata applicazione di questi paletti per agevolare la concorrenza nel mercato.
Fonti: AGI | La Repubblica