Asta frequenze 5G. Per la liberazione delle frequenze 700 MHz occupate dalle tv previsti 276 mln per le emittenti nazionali e 304 per le tv locali. Disposti poi 100 mln per incentivare il cambio dei televisori per il passaggio allo standard DVB-T2.
Nel disegno di legge di Bilancio approdato in Senato il governo ha fissato a 2,5 miliardi la base d’asta per l’assegnazione delle frequenze 5G per il servizio di banda ultralarga mobile. L’obiettivo dell’esecutivo è quello di incassare 1,25 miliardi già nel 2018. Al 2022, quando la tabella di marcia prevede l’assegnazione delle frequenze su base ventennale, lo Stato stima un incasso complessivo di circa 3,2 miliardi rilanci inclusi.
L’articolo 89 del Ddl riporta nel dettaglio lo schema temporale per il versamento degli incassi minimi all’entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 settembre di ciascun anno: 1.250 milioni per il 2018, 50 milioni per il 2019, 300 milioni per il 2020, 150 milioni per il 2021 e la restante quota, per almeno 750 milioni, per il 2022. Risorse, precisa il testo, da assicurare prioritariamente con gli introiti derivanti dalle due bande pioniere 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz.
A queste, si aggiunge la banda 694-790 MHz che dovrà essere liberata dalle emittenti televisive del digitale terrestre che attualmente la occupano. Per cedere le frequenze si prevede un periodo transitorio compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 30 giugno 2022.
Il calendario è fissato in tutte le sue tappe. Entro il 31 marzo 2018 l’Authority per le comunicazioni dovrà predisporre le procedure di gara, poi il ministero dello Sviluppo dovrà assegnare le frequenze entro il 30 settembre 2018, con disponibilità a far data dal 1° luglio 2022. Nel frattempo l’Authority dovrà lavorare per assegnare alle emittenti televisive nuove frequenze nelle quali operare (in banda 470-694 MHz): entro il 31 maggio 2018 dovrà essere adottato il nuovo Piano Nazionale per le frequenze del digitale terrestre ed entro il 30 settembre dovranno essere stabiliti i criteri per l’assegnazione. Sarà inoltre riformulata la contestata Numerazione LCN, oggetto di mille contenziosi, che ordina automaticamente i canali sul telecomando. Toccherà poi al ministero, entro il 28 febbraio 2019, rilasciare i diritti d’uso.
Ci saranno ovviamente delle compensazioni per gli operatori televisivi costretti ad abbandonare le attuali frequenze. La norma le quantifica in un valore fino a 276,8 milioni a favore degli operatori di rete nazionali e fino a 304,2 milioni in favore degli operatori locali.
Ulteriori 100 milioni sono destinati a incentivi per gli utenti che dovranno cambiare il televisore, o adeguarlo con apposito decoder, per il passaggio al sistema digitale terrestre DVB-T2 che funzionerà con le nuove frequenze. In prima battuta, spiega la relazione tecnica della norma, si pensa a contributi limitati alle fasce disagiate già esonerate dal pagamento del canone tv (2 milioni di utenti per singoli “bonus” da 50 euro). Ma, anche alla luce dell’andamento della diffusione dei televisori di nuova generazione, il ministero dello Sviluppo potrà decidere di aumentare la dote diminuendo di pari misura l’assegnazione prevista per gli operatori di rete.
Fonte: Il Sole 24 Ore