I commissari nominati dal centro-sinistra dell’Agcom, Autorità di garanzia per le comunicazioni a dire il vero complice per anni del pasticcio delle frequenze tv perpetrato dai governi Berlusconi, attraverso una lettera inviata al quotidiano La Repubblica rendono noto il proprio dissenso sul contestato concorso di bellezza del digitale terrestre, che regalerà 6 frequenze ai soliti operatori nazionali tv (le migliori frequenze andranno a Rai e Mediaset).
«Il problema della gratuità delle frequenze soprattutto nelle attuali condizioni del paese è un problema, ma non è il solo. La critica che noi abbiamo sempre fatto non è solo al Beauty Contest, ma al rapporto di conversione adottato (un rapporto di circa cinque a uno) e attraverso il quale lo Stato si è spogliato del diritto di recuperare risorse di cui è titolare per poterle destinare, alle migliori condizioni economiche, agli usi più efficienti, secondo principi di neutralità tecnologica. Per sostenere la tesi contraria si fanno osservazioni contestabili». Lo affermano nella lettera Nicola D’Angelo, Michele Lauria e Sebastiano Sortino, commissari dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
«In Italia si è scelto di dare tutte le risorse alle emittenti. Per ricavare qualche frequenza da vendere alle compagnie telefoniche si son dovuto ricomprare le frequenze dalla emittenti locali. Il cosiddetto dividendo digitale (interno) è stato così garantito per intero alle stesse tv nazionali e il dividendo esterno (che ha fatto incassare circa 4 miliardi allo Stato) è stato realizzato, e non gratuitamente, togliendo qualcosa alle locali».
«La Commissione Europea non ha indicato il modo in cui le frequenze devono essere assegnate, ma ha ribadito la necessità di aprire il mercato ai nuovi operatori, in modo da far cessare quella situazione di privilegio per gli operatori esistenti che avevano provocato l’apertura di una procedura d’infrazione». «Il beauty contest è stato scelto per favorire gli opertori più piccoli e dotati di minori risorse finanziarie. Ma la gara non riserva in modo esclusivo alcuna frequenza, e si limita a prevedere un lotto di tre multiplex da assegnare sì a nuovi entranti, ma in competizione con i broadcaster esistenti da Rai, Mediaset e TI Media. E in ogni caso si tratta di 3 mux su 21. Se tutto fosse messo all’asta potrebbe accadere quello che molti vaticinano: che nessuno, cioè le comprerebbe».
«Ma il problema sta a monte. A dissuadere nuovi operatori dal concorrere dall’asta – prosegue la lettera – c’è la circostanza che la pubblicità è controllata dai due ‘incumbent’(sempre Rai e Mediaset – ndr) e che nessuna iniziativa è stata assunta per allentare tale dominanza. Anzi per evitare una pronuncia sulla posizione dei due soggetti all’interno del mercato pubblicitario, si è deciso che quello pubblicitario non è un mercato rilevante. Va ricordata infine la decisione di ieri dell’Antitrust (approvata dall’Agcom) di consentire la fusione a certe condizioni tra Elettronica Industriale di Mediaset e DMT (unico soggetto indipendente nazionale di infrastrutture trasmissive), al quale gli operatori tv potevano in precedenza rivolgersi per assicurare le diffusione dei programmi».
«Quella della maggiore liberalizzazione del sistema Tv è l’obiettivo che abbiamo perseguito, purtroppo in posizione minoritaria, all’interno dell’Agcom in questi anni, per evitare che le risorse trasmissive ed economiche, e le infrastrutture rimanessero concentrate nelle mani di pochi», concludono i commissari nella lettera.
Fonte: La Repubblica
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