Alcuni l’hanno ribattezzato il SOPA italiano, quella contestata legge americana contro la pirateria informatica che ha scatenato il più grande sciopero del Web mai visto. Ma l’emendamento censura-Internet alla legge comunitaria 2011, presentato dal parlamentare leghista Gianni Fava, che da lunedì è in discussione alla Camera in Italia, sembra essere, secondo gli esperti, una norma ancora più repressiva della legge USA, che mette a rischio il mercato degli Hosting Provider e la libertà di espressione sulla Rete.
«Si tratta, probabilmente, della più aggressiva e pericolosa forma di censura al Web sin qui registrata in Italia», scrive sul suo blog Guido Scorza, avvocato e Presidente dell’Istituto per le politiche dell’innovazione, tra i primi a lanciare l’allarme. Un’immediata allerta che, dopo la scoperta dell’emendamento nascosto tra le carte della Commissione Politiche Comunitarie, ha fatto sollevare l’intera comunità digitale italiana e numerose parti politiche.
«In nessun modo l’emendamento impone la disconnessione del provider – ha spiegato Fava -, ma soltanto lo obbliga a tener conto delle segnalazioni che riceve, assumendosene la responsabilità se decide, in piena autonomia, di non tenerne conto, esattamente come prevede espressamente la Direttiva. Se il provider, una volta informato, non fa niente, allora il titolare dei diritti violati può agire in giudizio anche contro di lui, oltre che contro l’autore materiale della violazione». Ma al di là delle compatibilità con le leggi della Comunità Europea, tema sollevato dal radicale Beltrandi, la SOPA padana terrebbe costantemente sotto minaccia gli ISP, che sarebbero costretti a monitorare in modo preventivo il traffico Internet (cosa tra l’altro quasi impossibile), e nel caso di denuncia da parte di un qualsiasi soggetto, sarebbero costretti a rimuovere i contenuti per evitare di finire in tribunale.
Sandro Gozi, capogruppo del Pd nella commissione Politiche della Ue, replica alle dichiarazioni di Fava: «L’on. Fava cerca di mischiare le carte. Il suo emendamento non piace a molti di noi, tanto che abbiamo presentato un emendamento soppressivo perché vogliamo impedire qualsiasi forma di bavaglio alla rete. Sa benissimo, tra l’altro, che gli emendamenti, compreso il suo, potevano essere respinti dalla XIV Commissione solo per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale. Dunque, il merito della sua proposta resta un tentativo grave di inserire nella legge Comunitaria l’imposizione ai fornitori di servizi Internet di rimuovere dalla rete contenuti ritenuti illeciti. Una proposta, cioè, irricevibile».