L’Agcom prova a mediare sull’annosa querelle degli oscuramenti dei programmi della Rai a danno degli abbonati di Sky Italia.
Dopo le numerose sentenze e le inconcludenti trattative del marzo scorso tra l’ad Sky Andrea Zappia e il dg Rai Luigi Gubitosi, il Garante per le comunicazioni vuole mettere un freno al blocco delle emittenti pubbliche sulla piattaforma satellitare di Rupert Murdoch. In cambio del ritorno dei canali pubblici, Sky, come già accadeva in passato, dovrà pagare i diritti di trasmissione alla tv di Stato per diffondere le reti Rai sul satellite. Secondo l’Authority la Rai avrà l’onere di chiedere un compenso con una proposta “equa e ragionevole” che dovrà spedire alla pay-tv entro massimo 30 giorni.
Il procedimento del Garante è iniziato il 18 giugno 2014, su richesta di Sky che da mesi chiede di trasmettere l’integrale programmazione del servizio pubblico sul proprio decoder. Per la pay-tv, ora sempre più concorrente della tv pubblica con lo sbarco sul dtt di Sky Tg24, le trasmissioni dei canali Rai dovrebbero avvenire senza versare un solo euro alla tv di Stato e senza più oscuramenti degli eventi e dei programmi che fanno più audience (ad esempio le partite della nazionale di calcio).
L’ad Zappia e il dg Gubitosi, con i legali Sanfilippo e Logiudice, da mesi si confrontano a muso duro sul tema. Nove mesi dopo, con la decisione di ieri, il Garante assegna un punto alla pay-tv imponendo alla Rai di presentare entro un mese una proposta di contratto. Lo stesso contratto dovrà durare 12 mesi, con l’impegno a prolungarlo. La proposta di accordo dovrà anche essere “equa, proporzionata e non discriminatoria“. E soprattutto, dice adesso il Garante, la televisione di Stato non potrà farsi scudo dietro i diritti dei fornitori dei programmi per giustificare gli oscuramenti a danno di Sky. In pratica, se la Rai può trasmettere l’evento o il programma in chiaro e gratis, allo stesso modo andrà in onda su Sky. L’Agcom ha determinato inoltre che la pay-tv è obbligata a limitare l’irradiazione delle trasmissioni ai confini nazionali.
Il Garante afferma che è diritto e dovere della televisione pubblica, anche il base al Contratto di servizio con lo Stato, chiedere un compenso economico per i suoi canali, sia per il rilievo dei programmi sia per il “valore reputazionale” del marchio Rai. Un diritto a un compenso (valido per le concessioni alle pay-tv) confermato dal Tar del Lazio nel 2012. La delibera è stata approvata a maggioranza con il voto a favore del presidente Cardani (che era anche relatore) e dei commissari Nicita e Martusciello.
Una sorta di mezza vittoria per Sky che sfida e sconfigge a colpi di sentenze la tv pubblica dal lontano 2012. Dopo la clamorosa rinuncia ai 350 milioni di euro per 7 anni offerti da Sky per continuare a trasmettere sulla sua piattaforma satellitare i canali di Rai Sat, le emittenti pubbliche si trasferirono in blocco nel 2009 su TivùSat, la piattaforma alternativa al digitale terrestre (in mano alla stessa Rai, Mediaset e TI Media).
Da lì è nata la diatriba sui criptaggi, definiti “illegali” da Sky, concomitanti con la fuga anche dei canali Mediaset. Gli oscuramenti furono giudicati illegittimi prima nel 2012 davanti al Tar del Lazio, poi in appello al Consiglio di Stato nel settembre 2013. Le sentenze annullarono la delibera Agcom n. 732/09/CONS (che autorizzava i criptaggi), e ravvisarono l’illegittima mancata censura delle gravi violazioni degli obblighi di servizio pubblico, connesse alla decisione della Rai di impedire la visione integrale senza oscuramenti dei propri programmi agli utenti muniti di decoder satellitare Sky e di riservarla ai soli utenti della piattaforma satellitare televisiva TivùSat.
Fonte: La Repubblica